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Archivio per la categoria ‘Analisi/Interventi’

Quando lo stato spara sulla folla. Le armi non letali come ingrediente della repressione

QUANDO LO STATO SPARA SULLA FOLLA

Le armi non letali come ingrediente della repressione

Le armi non letali e il loro uso contro i movimenti sociali

– le novità in Italia e l’esempio della Francia –

 

Quali obiettivi e che logiche sono legati all’impiego di questi strumenti? 

II° edizione aggiornata, luglio 2018

 

Luglio 2018

Nell’inverno 2016 Prison Break Project ha partecipato ad una chiacchierata al circolo Mesa di Montecchio Maggiore (Vi) organizzata da Alte/Reject in cui si parlava di repressione e nuove armi a disposizione delle polizie europee con un’attenzione particolare a Italia e Francia. A distanza di tempo vogliamo mettere a disposizione dei materiali sulle armi non letali in Francia che avevamo preparato per accompagnare la discussione: una panoramica rivolta a presentare le modalità d’uso delle flashball e più in generale delle armi non letali da parte della polizia francese.

Vogliamo inoltre proporre delle riflessioni su quest’impiego di strumenti tecnologici e militari volti a spezzare le forme di organizzazione del conflitto sociale.

Come era prevedibile, l’adozione di tali armi coinvolge anche l’Italia dove sono finora meno conosciute. Nel marzo 2018 il governo ha dato il via libera a una sperimentazione del Taser in Italia. A luglio è stato emanato il decreto con cui il ministero autorizza la dotazione sperimentale dell’arma in 11 città italiane e dà mandato di acquisto per 30 dispositivi. Per questo abbiamo deciso di aggiornare l’opuscolo con una seconda edizione con i dettagli dell’adozione di questo armamento nel contesto italiano oltre alle evoluzioni dell’impiego generalizzato delle armi non letali nelle lotte sociali in Francia.

Questo scritto vuole ripercorrere – seguendo uno spazio temporale dal 2009 ai giorni nostri, anche a partire da esperienze dirette –  alcuni episodi che riteniamo stimolanti per comprendere la logica dell’uso delle armi non letali e la loro banalizzazione tra Francia e Italia.

 Partiremo dalla presentazione di un caso particolare: quello del collettivo “8 juillet” che prende il nome dall’8 luglio 2009, giorno in cui, a Montreuil – in periferia di Parigi – dopo lo sgombero di uno squat la polizia ha attaccato con i proiettili di gomma una manifestazione di solidali. In cinque sono stati feriti a nuca, fronte e clavicola. Jo ha perso un occhio. Da allora il collettivo “8 juillet” si organizza per fare inchiesta e difendersi della violenza poliziesca sia nelle strade che nelle aule dei tribunali.

Successivamente approfondiremo la tematica dell’arsenale delle armi cosiddette non letali in dotazione della polizia francese e del loro impiego nelle manifestazioni, sottolineando la logica repressiva alla base del loro utilizzo. Per dare un’idea delle loro caratteristiche presentiamo delle schede tecniche di queste armi, oltre ad analizzare il contesto italiano e la recente adozione del taser.

Questo dossier è composto da diversi testi, materiali e video sottotitolati per cercare di presentare le armi non letali e le logiche che sottendono il loro impiego riflettendo sia sul contesto francese che su quello italiano.
Una versione del testo senza i materiali multimediali ma da leggere e stampare è disponibile in formato .pdf

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Quando lo stato spara sulla folla – Dossier sulle armi non letali

QUANDO LO STATO SPARA SULLA FOLLA

Le armi non letali come dimensione tecnologica della repressione di piazza

Novembre 2017

 

Nell’inverno 2016 Prison Break Project ha partecipato ad una chiacchierata al circolo Mesa di Montecchio Maggiore (Vi) organizzata da Alte/Reject in cui si parlava di repressione e nuove armi a disposizione delle polizie europee con un’attenzione particolare a Italia e Francia. A distanza di tempo vogliamo mettere a disposizione dei materiali sulle armi non letali in Francia che avevamo preparato per accompagnare la discussione: una panoramica rivolta a presentare le modalità d’uso delle flashball e più in generale delle armi non letali da parte della polizia francese.

Vogliamo inoltre proporre delle riflessioni su quest’impiego di strumenti tecnologici e militari volti a spezzare le forme di organizzazione del conflitto sociale.

Partiremo dalla presentazione di un caso particolare, quello del collettivo “8 juillet” (8 luglio) che prende il nome dall’8 luglio 2009 giorno in cui, a Montreuil – in periferia di Parigi – dopo lo sgombero di uno squat la polizia ha attaccato con i proiettili di gomma una manifestazione di solidali. In cinque sono stati feriti a nuca, fronte e clavicola. Jo ha perso un occhio. Da allora il collettivo “8 juillet” si organizza per fare inchiesta e difendersi della violenza poliziesca sia nelle strade che nelle aule dei tribunali.

Successivamente approfondiremo la tematica dell’arsenale delle armi cosiddette non letali in dotazione della polizia francese e del loro impiego nelle manifestazioni, sottolineando la logica repressiva alla base del loro utilizzo. Per dare un’idea delle loro caratteristiche abbiamo tradotto delle schede tecniche di queste armi.

Questo dossier è composto da diversi testi, materiali e video sottotitolati per cercare di presentare le armi non letali e le logiche che sottendono il loro impiego riflettendo sia sul contesto francese che su quello italiano.
Una versione del testo senza i materiali multimediali ma da leggere e stampare è disponibile in formato .pdf cliccando il formato che preferite…


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Ultimi sviluppi della criminalizzazione delle lotte: la “repressione economica”

23 Luglio 2015 Commenti chiusi

Una riflessione sulla “repressione economica” ossia l’utilizzo di sanzioni pecuniarie o risarcimenti civili al fine di combattere i movimenti. Si tratta di un dispositivo repressivo sempre più utilizzato, in particolare contro il movimento No Tav ma non solo, che si inquadra nel tema generale del debito come mezzo di ricatto e assoggettamento.

Cliccate qui se volete leggere il testo in formato .pdf

CAPITALISM-1

Una riflessione a partire dalle ultime vicende repressive contro i No Tav

Prima di occuparci del tema della repressione economica, al centro di questo intervento, ci sembra utile fare il punto delle importanti vicende repressive che il movimento No Tav si è trovato ad attraversare negli ultimi mesi. 

Esse ci sembrano significative da ripercorrere in quanto sono manifestazione del tentativo di estendere il già ampio armamentario penale e amministrativo di cui gli apparati statali dispongono per colpire ogni forma di opposizione sociale. Si inquadrano quindi in quel “diritto penale del nemico” di cui anche la repressione economica fa parte. Prosegui la lettura…

Terrorizzare e reprimere: libretto stampabile ed ebook

10 Luglio 2014 Commenti chiusi

Riproponiamo in versione integrale, con qualche aggiornamento, il nostro testo d’analisi sull’uso politico del reato e dell’accusa di terrorismo, dopo la sua pubblicazione in tre parti avvenuta a maggio

Il testo “Terrorizzare e reprimere. Il terrorismo come strumento repressivo in continua espansione” è disponibile al download  sia in versione libretto a5 impaginato, sia in formato pdf per una lettura sullo schermo.
Per avere in pochi minuti il libretto basta stamparlo su 10 fogli a4 fronte/retro e piegare poi a metà.

Abbiamo inoltre preparato una versione ebook per chi preferisce o usa ereader e/o tablet. Il formato è l’epub, nel caso vogliate trasformarlo un software utile, libero e gratuito è Calibre.

sanbasilio

La nostra iniziativa non ha potuto giovarsi di lunghi tempi di preparazione e di strutture organizzative, quindi è solo grazie a chi generosamente mette a disposizione i propri spazi e le proprie energie che il testo può circolare.

Ringraziamo tutt* coloro che ci hanno aiutato e ci aiuteranno a vario titolo nella produzione e nella diffusione di questo testo.

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(formato epub)

Categorie:Analisi/Interventi Tag:

Terrorizzare e reprimere. Il terrorismo come strumento repressivo in perenne estensione [Terza parte]

18 Maggio 2014 Commenti chiusi

Ecco la terza ed ultima parte dell’intervento che Prison Break Project pubblica sul web sulla storia del concetto di terrorismo che viene, proprio in questi giorni, utilizzato a fini repressivi contro quattro compagni e compagne NoTav, incarcerati in regime di alta sorveglianza dallo scorso 8 dicembre. Il testo è diviso in tre spezzoni più brevi per agevolarne la lettura e per accompagnare simbolicamente le scadenze di questo mese di mobilitazione per la liberazione di compagni e compagne e contro la criminalizzazione della lotta notav. È il nostro modo di offrire un piccolo, e speriamo utile, segno tangibile di solidarietà alle lotte contro le dinamiche repressive.

Prima Parte

Seconda Parte

Qui potete trovare il formato pdf per una lettura più agevole o per la stampa:Terrorizzare e reprimere. Parte 3 di 3

 

19 maggio 2014. “Terrorizzare e reprimere”. Parte 3 di 3:

coplevoli di resistere

Il terrorismo nell’ordinamento italiano

L’ingresso del terrorismo nell’ordinamento penale italiano avviene a chiusura di un ciclo particolarmente intenso di lotte rivoluzionarie, il quale, iniziato intorno al 1968, aveva anche dato luogo, a partire circa dalla metà degli anni ‘70, ad esperienze di lotta armata.

Lo Stato risponde a questa stagione di intensa conflittualità sociale con la legislazione d’emergenza, di cui è piena espressione la Legge Reale del 1975.

La prima norma penale che contiene un esplicito riferimento al terrorismo è l’art. 289 bis, “sequestro di persona a scopo di terrorismo ed eversione”, introdotta nel marzo del 1978 mentre era in corso il sequestro Moro. Prosegui la lettura…

Terrorizzare e reprimere. Il terrorismo come strumento repressivo in perenne estensione [Seconda parte]

12 Maggio 2014 Commenti chiusi

Ecco la seconda parte dell’intervento che Prison Break Project pubblica sul web sulla storia del concetto di terrorismo che viene, proprio in questi giorni, utilizzato a fini repressivi contro quattro compagni e compagne NoTav, incarcerati in regime di alta sorveglianza dallo scorso 8 dicembre. Il testo sarà diviso in tre spezzoni più brevi per agevolarne la lettura e per accompagnare simbolicamente le scadenze di questo mese di mobilitazione per la liberazione di compagni e compagne e contro la criminalizzazione della lotta notav. È il nostro modo di offrire un piccolo, e speriamo utile, segno tangibile di solidarietà alle lotte contro le dinamiche repressive.

 

Qui potete trovare il formato pdf per una lettura più agevole o per la stampa: Terrorizzare e reprimere. Parte 2 di 3

 

12 maggio 2014. Terrorizzare e reprimere. Parte 2 di 3:

Breve storia della definizione giuridica internazionale del terrorismo

due pesi due misure

 

Ricapitolando alcuni elementi esposti nella prima parte, il concetto di terrorismo, proprio perché si impernia attorno all’esperienza (collettiva e soggettiva) del terrore, possiede allo stesso tempo un nucleo semantico relativamente condiviso e ampi margini di ambiguità.

All’ambiguità congenita del termine si aggiunge la sua ambiguità “storico-politica”. Essa è dovuta tanto al carattere composito e conflittuale della società, quanto alle costanti strumentalizzazioni e ai palesi ribaltamenti di significato compiuti ad opera degli stati (che rappresentano peraltro i principali utilizzatori delle pratiche terroristiche).

Quest’ultimo è uno dei motivi per cui per lungo tempo non è esistita una definizione giuridica del terrorismo a livello internazionale. D’altronde, non sempre è stato necessario per il potere politico offrire una definizione chiara di un concetto che poteva invece essere usato secondo le convenienze del momento contro gruppi e ambiti diversissimi tra loro.

Quando una definizione giuridica internazionale si è storicamente data, essa ha acquistato spesso, per un verso, un’estensione talmente ampia da garantire comunque il risultato di poter essere piegata a colpire il nemico politico del momento e, al tempo stesso, un’inconsistenza e vaghezza tali da evitare l’effetto boomerang di far avvicinare l’azione dello stato ad un comportamento codificato come “terrorista”.

Prosegui la lettura…

Terrorizzare e reprimere. Il terrorismo come strumento repressivo in perenne estensione [Prima parte]

Prison Break Project pubblica sul web un intervento sulla storia del concetto di terrorismo che viene, proprio in questi giorni, utilizzato a fini repressivi contro quattro compagni e compagne NoTav, incarcerati in regime di alta sorveglianza dallo scorso 8 dicembre. La volontà è quella di contribuire al dibattito pubblico e di movimento sul tema della repressione, a partire dalle sollecitazioni che l’attualità giudiziaria impone su chi partecipa alle lotte in Italia.

Il testo sarà diviso in tre spezzoni più brevi per agevolarne la lettura e per accompagnare simbolicamente le scadenze di questo mese di mobilitazione per la liberazione di compagni e compagne e contro la criminalizzazione della lotta notav. Prison Break Project intende quindi pubblicare sul web quest’intervento i lunedì 5, 12 e 19 maggio prossimi per mostrare un piccolo, e speriamo utile, segno tangibile di solidarietà alle lotte contro le dinamiche repressive.

Qui potete trovare la prima parte del testo in formato pdf per una lettura più agevole o per la stampa.


5 maggio 2014. Terrorizzare e reprimere. Parte 1 di 3

Terrorizzare e reprimere.

Il terrorismo come strumento repressivo in perenne estensione

When government fears the people, there is liberty. When the people fear the government, there is tyranny”

Thomas Jefferson

Non siamo in grado di trattare con esaustività un tema vasto e controverso come quello del terrorismo.

Ci interessa piuttosto seguire a volo d’uccello la parabola storica della nozione di terrorismo, per mostrare come essa, nata per indicare i più gravi atti di violenza politica indiscriminata, stia finendo per abbracciare virtualmente ogni atto di insubordinazione all’ordine costituito.

Diventa preminente l’esigenza, che impregna tutto il lavoro di Prison Break Project, di non appiattire il discorso critico solo sul piano ostile e ostico del diritto. Perciò, pur nell’inevitabile incompletezza della nostra disamina, anteponiamo all’analisi delle definizioni giuridiche internazionali ed italiane del terrorismo un’approssimativa indagine “filologica” del concetto nel suo manifestarsi storico.

Tra i due piani c’è ovviamente una relazione, dato che persino le parole più falsificate e asservite dal potere devono la loro efficacia persuasiva e di governo alla loro capacità di rinviare a-, a risuonare con-, esperienze collettive che al potere pre-esistono o che comunque hanno una loro, relativamente autonoma, dimensione di realtà.

L’esperienza cui il concetto di terrorismo non può non rimandare è il terrore, esperienza per sua natura soggettiva (ciò che terrorizza te non è detto che terrorizzi me), ma che assume la valenza politico-giuridica che qui rileva solo in quanto si imprime su un soggetto collettivo (il terrore deve comunque colpire un “noi”).

La natura intrinsecamente politica del concetto di terrorismo sta dunque, in ultima analisi, nella decisione su quale sia il soggetto collettivo che si assume colpito dal terrore.

terrorism

Origine, evoluzioni e deformazioni di un concetto ambiguo.

La maggiore difficoltà che si frappone all’analisi del fenomeno terroristico risiede nella sua ambiguità, nel senso che la qualificazione di un’azione o di una pluralità di azioni come terroristiche non è frutto di un giudizio di valore assoluto ma relativo. In altri termini, un comportamento che è valutato come terroristico dai suoi destinatari, riceve invece una diversa qualificazione dai suoi autori”.

Queste parole non sono state pronunciate da un legale di soggetti accusati di terrorismo o da qualche scomodo intellettuale radicale. Sono invece tratte da uno scritto1 di Emilio Alessandrini, Pietro Calogero e Pier Luigi Vigna, magistrati titolari di diverse inchieste per terrorismo negli anni ‘70.

Se persino chi ha elargito anni e anni di carcere sulla base della nozione di terrorismo ne ha denunciato l’ambiguità, è chiaro che diventa tanto difficile quanto necessario il tentativo di restituire un minimo di contenuto semantico al concetto. Prosegui la lettura…

(Aspettando lunedi…) Una sintesi su che significa la finalità di terrorismo contro i notav

3 Maggio 2014 Commenti chiusi

Questo testo è una sintesi delle riflessioni rivolte al terrorismo e vuole in particolare affrontare la questione della finalità  di terrorismo attraverso la quale hanno arrestato quattro compagni e compagne NoTav incarcerati in regime di alta sorveglianza e vogliono proseguire la criminalizzazione del movimento. È apparso sul sito http://notavbrennero.info per far circolare informazioni e promuovere la mobilitazione di Torino del 10 maggio prossimo in solidarietà agli arrestati.

Prison Break Project pubblicherà inoltre, a partire da lunedì 5 maggio, un articolato intervento sulla storia del reato di terrorismo. La volontà è quella di contribuire al dibattito pubblico e di movimento sul tema della repressione, a partire dalle sollecitazioni che l’attualità giudiziaria impone su chi partecipa alle lotte in Italia.
Il testo sarà diviso in tre spezzoni più brevi per agevolarne la lettura (che saranno pubblicati lunedì 5, 12 e 19 maggio) e per accompagnare simbolicamente le scadenze di questo mese di mobilitazione per la liberazione di compagni e compagne e contro la criminalizzazione della lotta notav.

notav_liberi

Che significa l’aggravante di terrorismo addebitata ai No Tav della Val Susa?

Prison Break Project, 3.05.14

Il 22 maggio si terrà la prima udienza del processo contro Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò in solidarietà ai quali è convocata la manifestazione nazionale del 10 maggio a Torino.

I quattro No TAV sono imputati perché alla fine di una manifestazione avrebbero, insieme ad altri, pesantemente danneggiato alcuni macchinari necessari allo scavo del cunicolo esplorativo nel cantiere di Chiomonte, in Val di Susa.

 I fatti contestati riguardano dunque un sabotaggio, ossia una pratica che è da sempre patrimonio dei movimenti di resistenza, come tale rivendicata e difesa dal movimento No TAV, ma che costituisce reato per l’ordinamento penale italiano.

Tuttavia, la gravità del processo in corso è costituita dal tipo di imputazione che i PM Rinaudo e Padalino hanno scelto per qualificare i fatti in questione: attentato con finalità di terrorismo, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione di armi da guerra e danneggiamento.

Come è possibile che un danneggiamento venga equiparato al terrorismo, termine che indica, nel linguaggio comune e secondo i più autorevoli studiosi, la violenza indiscriminata contro la popolazione al fine di diffondere il terrore? Chi può essere terrorizzato dal danneggiamento di una cosa? Come può un sabotaggio essere concettualmente e giuridicamente accostato a un massacro indiscriminato di civili? Prosegui la lettura…